Come molti Europei, anche io sono stato disorientato dalla vittoria di Donald Trump, che la maggior parte degli analisti giudicava improbabile, per non dire del tutto impossibile.
Al di là delle mie opinioni personali sul personaggio, evidentemente irrilevanti, da giurista dell’economia posso tentare di azzardare qualche previsione sulle conseguenze – economiche, più che politiche – dell’affermazione di un personaggio certamente controverso, ma soprattutto espressione di un capitalismo individuale ed individualistico, basato sul settore immobiliare ma poi espansosi progressivamente verso altri ambiti economico-finanziari.
Quello che in primo luogo dovremo aspettarci è un accento molto minore sul ruolo degli USA quale attore principale nella regolazione dell’economia mondiale. Trump è dichiaratamente isolazionista e protezionista, e presumibilmente cercherà di frenare l’importazione delle merci dai Paesi del sudest asiatico piuttosto che espandere la vendita di prodotti americani in quei mercati.
Ciò provocherà certamente una contrazione del PIL mondiale, e nel contempo una frenata dell’espansione dell’economia cinese ed indiana, che a propria volta si tradurrà – sia pure in un periodo di tempo non breve – nella riduzione dell’acquisto di materie prime dai classici Paesi esportatori (Russia in primis). Un effetto a catena rischioso, in quanto indurrà, se non affiancato da una robusta domanda interna dei vari Paesi coinvolti, rischi recessivi in un contesto economico globale già particolarmente fragile.
Altro effetto presumibile di una presidenza Trump sarà un ritorno a mercati finanziari fortemente deregolati e dunque sostanzialmente lasciati a se stessi. Il neopresidente ha fatto più volte cenno alla sua intenzione di abolire il Dodd Frank Act (uno dei più significativi raggiungimenti della presidenza Obama) che ha introdotto nel mercato finanziario americano elementi di tutela dei consumatori e degli investitori retail. I grossi gruppi bancari e finanziari non vedevano ovviamente di buon occhio questo strumento, e sono già numerosi i segni di plauso delle grandi lobbies alla prospettiva di un suo depotenziamento o totale abolizione.
Infine, l’ulteriore prospettiva dell’abolizione dell’Obamacare e di una politica fiscale volta alla detassazione dei redditi alti e delle rendite finanziarie provocherà l’aumento delle disuguaglianze sociali, posizionando gli USA (già non certo virtuosi nella graduatoria del Coefficiente di Gini) tra i Paesi ove la forbice tra ricchi e poveri è più accentuata.
Le mie previsioni non sono dunque ottimistiche. L’unico elemento positivo, forse, è che le politiche di Trump (perlomeno, quelle annunciate) metteranno presumibilmente una pietra tombale sul TTIP, il Trattato di interscambio atlantico su cui mi sono più volte espresso in maniera critica. Magra consolazione, forse, ma pur sempre una consolazione.
Giuliano Lemme