Avv. Antonella Anselmo – Corso di formazione su CEDU
L’utero, da mesi in prima pagina, strappato qui e lì in dibattiti, comunicati stampa, appelli, emendamenti. Criminalizzato, santificato… La parte più intima della donna, motore stesso della vita, travolto da un dibattito pubblico che lascia perplessi. Si intrecciano con confusione i diversi piani: filosofico, giuridico, etico, politico. Un grande miscuglio.
È indubbio che il tema, ieri come oggi, si leghi profondamente alle concezioni religiose che hanno alimentato la costruzione di ordinamenti giuridici e l’organizzazione stessa del Potere politico. E qui non ci sono sconti per nessuno. Non solo gli Stati Confessionali, ma anche il nostro amato Occidente, illuminato, laico e democratico, deve fare i conti con la propria storia politica, fatta di luci e di ombre. È indubbio che la religione abbia nei secoli svolto un ruolo primario nell’interpretazione della natura del potere politico. Gli Stati Europei – con i loro ordinamenti giuridici – si sono andati formando a fianco o contro il potere ecclesiastico. Il vecchio Codice dei Franchi – Salici (510 d.c), che escludeva le donne dall’eredità della “terra salica”, divenne il riferimento per le successive codificazioni delle leggi di successione al trono, anche nel caso di assenza di eredi maschi. L’esclusione delle donne dalla successione monarchica traeva origine dalla “consacrazione”. Questa, istituita da Pipino il Breve nel 751, per effetto della cristianizzazione dei popoli germanici, si ispirava alla sacra unzione impartita ai re ebraici Saul e Salomone, citata nella Bibbia. Fino al 1165 si parla infatti di “sacramento” e la cerimonia regale francese, che durerà fino al 1825, contemplava l’uso di un’ampolla contenente un unguento solidificato di provenienza divina. Questo significava, simbolicamente, che il Re entrava a tutti gli effetti nella gerarchia della Chiesa, divenendo suo servitore. Il Re di Francia era dunque canonico di diverse cattedrali, da Lione a Le Mans, fino a Montpellier. Parimenti l’Imperatore del Sacro Romano Impero, sia pur con vicende più turbolente. Ebbene le donne erano escluse dalla successione perché non potevano svolgere le funzioni di “sacerdote”. Il IV Concilio laterano, nel 1215, elabora la complessa normativa matrimoniale, legittimando la “dote” e in alcuni casi, il matrimonio combinato e per rapimento. La familia è unità economica, con rigida separazione di ruoli. La più potente corporazione di celibi teorizza il divieto di successione ereditaria per le donne aprendo alle donazioni alla Chiesa: terre, castelli, borghi entrano nei domini ecclesiastici. Fino al Concilio di Trento si dibatteva ancora all’interno della Chiesa se la donna avesse o meno l’anima: “mulier tota in utero”, la donna è tutta nell’utero. Una chiara separazione dei sessi, funzionalmente determinata da rigide funzioni sociali. Gestire il potere politico, da un lato, e dall’altro, consentire la procreazione con la messa disposizione dell’utero. In entrambi i casi prevaleva il dominio dell’uomo sulla donna, manifestato, simbolicamente, anche dall’attribuzione del cognome solo per via paterna. Senza entrare nel merito dell’esegesi di alcuni passi delle Sacre Scritture (Gen. 3,16), del Corpus paolino (I, Cor. 14, 34-35) e di S. Agostino, l’esclusione delle donne dal sacerdozio, diviene un fatto consolidato via via che la Chiesa si organizza come corpo politico e gerarchizzato (cfr. Le Costituzioni apostoliche). Rimangono salvi altri ruoli: la Maria Vergine, le sante, le vedove, le diaconesse, le vergini, le madri di famiglia, ma sempre in posizione di evidente subalternità rispetto alla funzione di “insegnare, santificare e governare i fedeli”, riservata ai soli uomini. Le alternative non esistono nella civiltà cristiana: o dentro o fuori la Comunità. Per questa ragione non mancano le eretiche, le diavolesse e le streghe, da scomunicare, perseguitare, bruciare al rogo. L’esclusione delle donne dal sacerdozio è confermata in tempi recentissimi nella Lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Ordinatio Sacerdotalis (1994) che ha come contraltare, indubbiamente consolatorio, la Lettera Apostolica Mulieris dignitatem circa la missione e la dignità della donna all’interno di un’antropologia teologica, duale e complementare, come descritta dalle Sacre Scritture. Dunque le radici pagane e giudaico-cristiane dell’Europa sono anche quelle che hanno escluso categoricamente e per secoli le donne dal potere, dall’insegnamento e dalla parola pubblica, sulla base di una naturale distinzione e complementarietà biologica dei sessi.
Un potere siffatto, non poteva essere democratico, in senso moderno, perché contemplava rigidamente categorie di oppressi e oppressori, in altri termini, discriminava: le donne non avevano spazio per rappresentare politicamente i propri interessi.
Ma l’Europa, durante i secoli di formazione degli Stati Nazionali, si scinde. Devastata da guerre di religioni, è percorsa da una frattura – quella determinata dalla riforma protestante e poi dalla controriforma cattolica – che ha inciso profondamente nella mentalità e nelle culture dei popoli europei, sul modo di intendere le regole morali e quelle giuridiche, il rapporto con l’autorità e la libertà di coscienza. Ancora oggi registriamo profonde differenze tra il nord europeo e l’area mediterranea. Per questa ragione si spiega la diversa evoluzione che si è avuta nella Chiesa Anglicana, la quale, sia pur recentemente, ha ammesso le donne al sacerdozio. E non a caso: questa riforma epocale avviene dove risiedeva l’impero britannico, che ha legato le sue sorti politiche a figure di Regine come Elisabetta I, Vittoria ed Elisabetta II, grazie a regole successorie della corona che ammettono al trono, in determinati casi, anche le donne. Cultura, religione e diritto, vanno di pari passo.
I “destini” femminili cambiano radicalmente nel corso del XX secolo. L’ingresso delle donne nella vita politica mediante la conquista del diritto di voto accompagna la formulazione delle Carte Costituzionali dei singoli Stati, laici e non confessionali, che proclamano principi di eguaglianza e libertà, garantiti dal divieto di discriminazioni e da un assetto economico liberistico dei rapporti sociali, moderato dal principio solidaristico. Essenziale, per rimuovere ostacoli economici, culturali e sociali. Concorre al processo di democratizzazione e di laicizzazione dei poteri, anche la promulgazione della Carta dei Diritti dell’Uomo e l’istituzione della Corte dei Diritti dell’Uomo. È la Magna Carta Internazionale del 1948, come amava definirla Eleanore Roosvelt, una pietra miliare per la difesa dei diritti delle donne. L’importanza della Carta sta infatti nel definire il confine netto tra i diritti fondamentali della persona, inviolabili, e l’ingerenza dei poteri pubblici, consentita solo in casi eccezionali.
Per le donne una svolta essenziale, epocale. Il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione consente per la prima volta alla donna di sottrarre l’utero da quella funzionalizzazione materiale e spirituale frutto di dominio e di oppressione maschile: nasce la scelta “concreta” della maternità, del lavoro, della pianificazione familiare. Si pongono le basi per la realizzazione delle libertà femminili. Vengono sanciti i diritti riproduttivi e sessuali. La donna comincia a ritrovare Sé, dentro e fuori casa, anima e corpo. Senza questo passaggio epocale, anche in Italia, non si sarebbero avute le leggi sull’aborto, né la riforma del diritto di famiglia o la punizione dei reati sessuali. Ciò è stato possibile perché anche il Potere volgeva al cambiamento e aspirava ad assumere un volto “democratico”.
Su questa base culturale e giuridica si tenta di costruire l’Europa dei Popoli e dei Diritti, e non solo del Mercato Unico. Nel 2000 l’Unione Europea proclama la Carta dei Diritti fondamentali alla quale il Trattato di Lisbona attribuisce il medesimo valore dei Trattati UE. Ci si avvia verso la creazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.
L’Europa che si delinea non piace ai mercati finanziari e mette a rischio gli assetti geopolitici. Inizia un processo continuo di destabilizzazione. I diritti fondamentali delle persone sono messi a dura prova. L’Europa sembra non riuscire ad arginare la grave crisi demografica: i popoli europei invecchiano inesorabilmente e i bilanci statali non riescono a sostenere i costi dei propri sistemi di sicurezza e protezione sociale. I flussi migratori vengono mal governati e questo porta al fallimento delle politiche dell’ immigrazione e del diritto d’asilo. Traballa anche la concezione della sovranità dei singoli stati. Il tema della sicurezza mette a rischio le libertà e la circolazione dei cittadini europei.
Le donne sono le più minacciate. Una Storia antica che si ripete. L’utero diviene il simbolo della contrapposizioni delle diverse concezioni del Potere. Ma non basta. Per la prima volta nella Storia dell’Umanità anche la “riproduzione”, grazie alla scienza, ha rilevanza economica. Fattore, esso stesso, di produzione, e risposta alla “rivoluzione” demografica mondiale, segnalata dall’ONU, che inciderà irreversibilmente nella struttura e nell’incremento della popolazione.
(segue)